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LE INFILTRAZIONI DELLA NDRANGHETA IN VENETO. CONFAPI: «BISOGNA DENUNCIARE LE SITUAZIONI ANOMALE»

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L’epicentro dell'operazione è l'area di Padova, le aziende coinvolte (una quindicina, operanti perlopiù nel settore dell'edilizia) sono sparse nel territorio: buona parte di esse hanno sede nella zona a cavallo con la provincia di Venezia, e in particolare nella Riviera del Brenta. Con i 33 arrestati sale a un centinaio il numero di persone finite dietro le sbarre nell'ultimo mese in Veneto per reati legati all'infiltrazione della criminalità organizzata, con sequestri per un totale di oltre 20 milioni di euro.

Le ultime inchieste della magistratura e le attività di indagine delle forze dell’ordine hanno suscitato forti reazioni tra le associazioni di categoria. I rappresentanti del mondo imprenditoriale si uniscono per offrire gli strumenti necessari alle aziende in difficoltà, per difendersi da qualunque tipo di infiltrazione mafiosa. Confapi Padova ha lanciato un messaggio forte attraverso il presidente Carlo Valerio, sentito sul tema dal Gazzettino. «Da sempre cerchiamo di far comprendere ai nostri soci che questo problema esiste - dichiara Valerio - “S.pa.da” il nostro corso di alto aggiornamento dedicato a imprenditori, manager e vertici aziendali, contiene uno specifico modulo di approfondimento sulle mafie. Abbiamo raccontato anche la storia di Aspide, un’azienda fondata da malavitosi. I nostri imprenditori prima vengono coinvolti come vittime e poi diventano esecutori. Noi imprenditori non siamo abituati ad affrontare tutto questo, bisogna dare nuovi strumenti».

Ma qual è il sistema usato per incunearsi negli angoli bui dell’imprenditoria locale? Le forze dell’ordine hanno potuto ricostruirlo nel dettaglio: si comincia con un aiuto economico, un sostegno a cui viene però applicato un tasso d’interesse che arriva al 300%. A quel punto la falla c'è, per allargarla si prova con le minacce e, se non funziona, si passa alla violenza fisica. In poco tempo membri del clan vengono piazzati all’interno dell’impresa, con ruoli di dipendente ma anche di dirigente o amministratore, giungendo a rivoltare l’assetto societario delle ditte in cui la cosca si era inserita e a estromettere i legittimi proprietari. Messa sotto controllo l’azienda, la si poteva utilizzare per riciclare denaro sporco – in gran parte frutto di spaccio – ma anche per produrre fatturazioni false che permettevano di accantonare i soldi dell’Iva mai versati all’erario.

LEGGI L'AMPIO SERVIZIO DEL GAZZETTINO DI PADOVA DEL 14 MARZO SUL TEMA, CON L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE VALERIO

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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