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Oltre i capannoni, per il Nordest è tempo di Industria 4.0

Pubblichiamo uno stralcio dell'inchiesta di Valentina Saini "Oltre i capannoni, per il Nordest è tempo di Industria 4.0", scritta per il portale di informazione "Gli stati generali". Tra le voci ascoltate, quella di Carlo Valerio, Presidente di Confapi Padova.

Se negli anni ‘60 la locomotiva dell’economia italiana era il “triangolo industriale” tra Milano, Torino e Genova, oggi il motore della seconda potenza industriale d’Europa si colloca tra Padova, Bologna e Milano. È il “nuovo triangolo industriale”, più orientato al mar Adriatico e alle Dolomiti che al mar Tirreno e alle Alpi occidentali. Ne parlano i media, ne parlano gli analisti economici, ne parlano pure gli imprenditori: basti pensare che la recentissima fusione tra Confindustria Padova e Unindustria Treviso (da cui è nata Assindustria VenetoCentro, una specie di Assolombarda del Nordest) è avvenuta proprio in nome del motto “costruire il nuovo triangolo industriale”.

Cuore pulsante di questo “nuovo triangolo industriale” è il Veneto, che nel 2017 è cresciuto dell’1,7%, e quest’anno dovrebbe replicare la performance. Per Giancarlo Corò, direttore del Centro inter-dipartimentale SELISI della Ca’ Foscari di Venezia, «il principale punto di forza dell’economia veneta è la varietà delle specializzazioni. Non dovremo mai perdere di vista lo straordinario valore di questo patrimonio di conoscenze, competenze, esperienze produttive che si è accumulato nel tempo e la cui continua ricombinazione da parte delle imprese fornisce la materia base per le innovazioni di mercato».

Certo, non mancano le debolezze. A partire dalla «componente scientifica dell’innovazione, per la quale manca sia un’adeguata cultura imprenditoriale, sia la volontà di un investimento collettivo in grado di trattenere e attrarre sul territorio talenti di classe mondiale – spiega Corò – Un’altra debolezza è nel sistema finanziario, troppo dipendente da banche tradizionali, per altro sempre meno collegate e interessate a questo territorio».

Difficile dare torto allo studioso. Dopo le bastonate della crisi, il Veneto “cinese” degli anni ’90, ad altissima intensità di lavoro ma debole quanto a capacità di innovazione, è un ricordo alquanto sbiadito. Finita l’era dei capannoni ubiqui, oggi le aziende che brillano sono quelle che puntano sull’Industria 4.0, sui brevetti, sul design, sulla creatività; non a caso l’epicentro della trasformazione è il padovano, con le sue startup innovative (240 in tutto), le sue PMI specializzate nella logistica e nella refrigerazione industriale, il suo ateneo di eccellenza.

È vero, dice Carlo Valerio, presidente di Confapi Padova: la provincia patavina è un polo del manifatturiero innovativo italiano. Un polo, è bene precisarlo, che marcia con una propria, incalzante tabella. «Qui ci si sta organizzando da soli. Le aziende, che comunque a volte sono piccole, ma sempre tese al miglioramento e al confronto con i mercati nazionali e anche esteri, operano in via autonoma; si informano sulle opportunità di finanziamento, ma poi provvedono da sole alla ricerca dei partner con cui sviluppare i vari programmi. Questa è una caratteristica abbastanza veneta e nordestina, e molto padovana. Forse è un limite, ma se non altro si arriva presto all’obiettivo».

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Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova
stampa@confapi.padova.it

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