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UNIONALIMENTARI – Il Decreto latte e la richiesta del mondo industriale

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Questo 2015 rappresenta, indubbiamente, per l’agricoltura, ed in particolare per gli allevatori di bovine da latte un passaggio epocale, dopo 32 anni cessano i vincoli imposti dall’Unione Europea alla produzione.

La conclusione del periodo della gestione delle quote latte si inserisce in un momento in cui la crisi dei consumi, e non solo, non è ancora superata, le difficoltà di accesso al credito sono pesanti, ed i prezzi del latte a livello comunitario particolarmente bassi. Il rischio è effettivamente quello del collasso di un numero crescente di imprese.

Queste sono alcune delle motivazioni per cui si è arrivati alla pubblicazione del Decreto Legge del 5 maggio 2015, n. 51, attualmente in corso di conversione. Il decreto, fra le novità introdotte dispone anche una procedura di definizione dei costi medi di produzione del latte crudo, tenendo conto della collocazione geografica dell’allevamento e della destinazione finale del latte crudo. L’ISMEA è l’Istituto, che dovrà avvalersi della metodologia approvata dal Ministero delle Politiche Agricole e dei dati resi disponibili dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, per individuare tali costi medi.

L’obiettivo è determinare un parametro, per cui l’applicazione di prezzi palesemente al di sotto dei costi produttivi, dovrebbe rappresentare una pratica sleale potenzialmente sanzionabile secondo il tanto discusso articolo 62.

La normativa entra tuttavia a disciplinare un tema particolarmente delicato e potrebbe violare i principi che regolano il libero mercato. Infatti, l’Autorità Garante del Commercio e del Mercato ha confermando alcune criticità nel corso dell’Audizione presso la Commissione Agricoltura e produzione Agroalimentare del Senato della Repubblica. Nel documento si legge chiaramente che “…una norma che prevede una sorta di ancoraggio del prezzo libero di un bene ad una variabile di costo medio di produzione misurata in via amministrativa, ancorché differenziata per collocazione geografica degli allevamenti e destinazione finale del latte, potrebbe comportare problemi di compatibilità con le norme a tutela della concorrenza”. Tuttavia, tale situazione, strettamente transitoria, dovrebbe servire alla riorganizzazione e colmare l’inefficienza degli allevamenti, derivante dalle dimensioni assai contenute e dal contesto geo-morfologico sfavorevole. La volontà politica di perseguire questa strada, come possibile soluzione all’attuale e/o futuro problema sui prezzi del latte, ci ha fatto desistere da posizioni banalmente contrarie.

Sollecitati dalle imprese di trasformazione, che operano nel settore lattiero-casearie, abbiamo avanzato una richiesta alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, di emendamento al decreto legge, chiedendo almeno di inserire tra i fattori valutativi, anche il coefficiente di miglioramento della competitività da definirsi anche con il Ministero dello Sviluppo economico. Al fine di evitare di influenzare il costo medio con le piccole realtà agricole meno competitive, consapevoli che eventuali altre funzioni svolte da tali imprese dovrebbero trovare comunque altre forme di sostegno, in particolare quelle in aree specifiche e settoriali.

Va sottolineato come da una prima indagine condotta dall’AGCM emerge una realtà altrettanto importante, il Presidente dell’Authority, Pitruzzella ha dichiarato che “…sembrerebbe osservarsi una maggiore correlazione tra gli andamenti del prezzo di vendita del latte crudo e i prezzi all’origine dei prodotti lattiero-caseari rispetto a quella esistente tra i prezzi all’origine di tali prodotti e i relativi prezzi al dettaglio”. Pertanto gli squilibri di forza lungo la filiera e l‘effetto tampone sulle oscillazioni di prezzi anche verso il basso, in conseguenza del minor costo della materia prima, interesserebbero non tanto l’industria della trasformazione e gli allevatori ma, invece, la Grande Distribuzione Organizzata e l’industria di trasformazione. Elementi questi che saranno valutati dall’Autorità, nel corso dell’indagine avviata sul comparto il 5 maggio 2015.

Gli uffici UnionAlimentari sono a disposizione delle imprese, chiamando il numero 06/5121752 oppure scrivendo a legale@unionalimentari.com , per ricevere maggiori informazioni, oppure per chiedere di essere inseriti fra i destinatari di comunicazioni specifiche relative al settore alimentare, predisposte dagli uffici dell’Unione di categoria.

Ufficio Stampa Confapi Padova
stampa@confapi.padova.it

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