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«VOGLIAMO DISEGNARE IL VENETO CHE VERRÀ»: INTERVISTA AL PRESIDENTE DI VENETO SVILUPPO FABRIZIO SPAGNA

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Il presidente di Veneto Sviluppo Fabrizio Spagna presenta il Comitato Tecnico Strategico che avrà il compito di indicare le scelte di sviluppo della Regione e intercettare i fondi del PNRR: «Biotecnologie, energie sostenibili, intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche e missioni spaziali, il futuro passa da qui».

 

«Questo Comitato è composto dalle migliori teste tra quelle che potevamo mettere in campo». Quando Fabrizio Spagna ha presentato le attività del Comitato Tecnico Strategicoistituito dalla Regione Veneto e coordinato da Veneto Sviluppo Spa, finanziaria di cui è presidente - ha usato proprio queste parole. Sottintendendo che il rilancio post Covid del territorio passa anche attraverso le proposte dei saggi chiamati a comporre l’Advisory Board. Il loro compito? In buona sostanza è quello di definire le linee strategiche su cui la Giunta regionale costruirà la propria programmazione nei prossimi anni.

Presidente Spagna, più nel dettaglio, quali sono gli obiettivi del CTS?

«Sulla carta sono semplici: dare una prospettiva di medio-lungo periodo al nostro territorio. La premessa è questa: i vecchi modelli di sviluppo che ci hanno guidato negli scorsi anni non funzionano più, per mantenere i tassi di crescita avuti nel passato dovremmo aumentare la produttività del 40%, e capite bene come sia impossibile. Questo significa che un cambio di rotta sarebbe servito anche al di là della pandemia. Se il Veneto - che conta su un territorio dalle caratteristiche molto particolari anche sul piano industriale - non si prepara con largo anticipo al cambio di paradigma rischia di perdere posizioni. Ha già iniziato a farlo, tanto da essere stato superato da regioni che fino a non molti anni fa producevano meno di noi, come l’Emilia Romagna. Queste riflessioni molto “generali” - associate a quanto accaduto col Covid e alle pesanti ricadute avute anche sul piano economico - rendono necessario immaginare i nuovi modelli di sviluppo, sia nell’ottica delle risorse che arriveranno dal PNRR, sia ragionando sul medio e sul breve termine».

I saggi sono stati scelti tutti dal mondo accademico. Come mai?

«Perché questo percorso sarà incentrato sull’innovazione. Ecco perché nella composizione del CTS abbiamo voluto privilegiare gli scienziati, scelti nel campo delle tecnologie quantistiche, delle missioni spaziali, delle biotecnologie, delle energie sostenibili, del biotech, dell’intelligenza artificiale. Tutte parole, queste, che non devono rimanere solo come slogan ma che vanno declinate in termini concreti: la Germania, per fare un esempio, ha investito 9 miliardi solo nell’idrogeno. L’Advisory Board contempla però anche esperti di politica industriale - non solo italiana - e professori di diritto tributario, perché dietro allo sviluppo di grandi progetti di importanti realtà, come ad esempio quelle del Mit di Boston, ci sono spesso politiche fiscali mirate».

Non ci sono imprenditori, però. Come è ipotizzabile un dialogo col mondo produttivo?

«Non ci sono non perché non li si voglia coinvolgere - anzi, saranno organizzati specifici focus group dedicati al mondo dell’impresa - ma perché volevamo individuare figure in grado di avere una visione prospettica e in grado di ipotizzare quello che sarà il Veneto fra 15 o 20 anni».

Operativamente come lavoreranno?

«Intanto va precisato che accanto ai professori del Comitato ci sarà una parte di research coordination, ovvero una struttura che li affiancherà, lavorando con loro. Il primo passo, entro il mese di luglio, sarà quello di incontrare attraverso una serie di audizioni i soggetti che si stanno occupando del PNRR, ma anche quelli che si occupano di reti innovative nelle università, per capire in quali ambiti ci si potrà muovere: in sostanza occorre stabilire quale sarà il punto di partenza. Dopodiché, settore per settore, saranno delineati i temi da ritenere più importanti. In quella fase saranno anche individuati i limiti attuali da affrontare nello specifico nei vari ambiti, ad esempio nel campo delle batterie per le automobili elettriche o dei motori termici a idrogeno, e quali progettualità possono essere sviluppate, identificando i soggetti a cui allargare la riflessione. Ed è in questa fase che sarà coinvolto il mondo delle imprese».

Voi sapete su che cifre potranno contare i futuri progetti di investimento? Per essere brutali: quante risorse saranno destinate al Veneto?

«Non è ancora chiaro e credo non lo sia per nessuno. Ed ecco perché la prima fase del lavoro è mirata proprio a capire su cosa si potrà contare. Personalmente sono convinto che, sul piano nazionale, molti dei progetti che oggi vengono buttati sul tavolo non avranno qualità tali da poter consentire loro di essere finanziati - né in termini di tempi né di realizzabilità - anche per via dei vincoli, molto stringenti, presenti nel PNRR. A quel punto ci saranno risorse che rimangono inutilizzate e che, mi immagino, andranno destinate a chi ha elaborato progetti concreti e fattibili. Ed è lì che dobbiamo farci trovare pronti: presentandoci con progetti finanziabili».

Veneto Sviluppo nel frattempo prosegue in quella che è l’attività che potremmo definire più “ordinaria”: pensiamo al recente Bando Innovazione, che mette a disposizione 8 milioni di euro per imprese e professionisti, ma pensiamo anche all’incremento di ulteriori 10 milioni di euro della dotazione per i finanziamenti agevolati destinati ai soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica. Quali criteri sono stati seguiti nell’individuare questi strumenti?

«Nel momento in cui è scattata l’emergenza Covid, di concerto con l’assessore Marcato e la sua struttura, abbiamo subito iniziato a pensare a strumenti che potessero aiutare le imprese in questo momento difficile e che fossero di stimolo alla ripresa. Per alcuni di questi, lo riconosco, è servita una fase di gestazione abbastanza lunga, perché abbiamo dovuto fare ricorso a leggi regionali che modificassero le “regole d’ingaggio” in modo da farli rientrare nell’orbita dell’azione di Veneto Sviluppo. Oggi però, noi non solo diamo soldi, ma ci assumiamo anche i rischi delle banche. Un cambio radicale nell’approccio che si è reso necessario per fare i conti con la realtà: le banche, adesso, non hanno particolari problemi di liquidità, hanno invece, appunto, il problema di assumersi rischi. Ecco perché abbiamo pensato soprattutto al modo di facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese venete, aiutandole a dialogare con il sistema creditizio, ma cercando parallelamente anche un modo per incentivare gli investimenti innovativi. I numeri ci danno segnali molto positivi sull’efficacia delle nostre proposte. Ci attendiamo un bel rimbalzo nella nostra economia».

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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