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«LA NOSTRA SFIDA? FARE ENTRARE LA TECNOLOGIA NEL CAMPO PIÙ TRADIZIONALE DI TUTTI: LA PASTA»

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Stefano Madrone racconta com’è nata FoodTech e cosa la attende nel futuro: «Monitorare da remoto tutte le macchine dei nostri clienti» 

Tecnologia nella tradizione. Da secoli sulle tavole degli italiani, la pasta fresca nel corso degli anni è passata dall’asse di legno delle nonne ai banchi frigo e freezer dei supermercati, grazie alla vendita di formati e prodotti che consentono anche a chi non ha il tempo di impastare di gustarsi un piatto di tagliatelle o di ravioli. Di questo si occupa FoodTech, specializzata nella progettazione e costruzione di macchine e impianti per la produzione e il trattamento di pasta e altri prodotti alimentari. «Lo facciamo dal 1998», spiega il presidente dell’azienda di Camposampiero Stefano Madrone «e, in un certo senso, possiamo dire che siamo nati «su richiesta dei nostri stessi clienti».

Ovvero?

«All’epoca lavoravo in un’altra realtà di cui ero socio di minoranza. Per farla breve, in seguito a diverse vicissitudini venne rilevata da un’altra società e io a quel punto mi sono sentito libero da vincoli e ho deciso di fondare una mia azienda, rispondendo, appunto, a un’esigenza dei clienti per cui già lavoravamo e che avevano perso un punto di riferimento. Da allora abbiamo fatto un po’ di strada: siamo partiti in pochi, ora siamo una quindicina di dipendenti, che diventano circa 25 contando i nostri vari collaboratori. E il fatturato continua a crescere: abbiamo chiuso il 2019 con raggiungendo i 2,6 milioni di euro, mentre nel 2020 dovremmo superare i 3 milioni».

Quindi non avete risentito della pandemia, anzi.

«Per nostra fortuna abbiamo già parecchi ordini nel portafogli del 2021. In piena epidemia di Covid siamo rimasti chiusi per tre settimane, per via del codice Ateco che non rientrava tra quelli delle aziende che potevano continuare l’attività. Poi, però, abbiamo potuto anticipare di due settimane la riapertura perché avevamo commesse da consegnare. Diciamo che abbiamo perso operativamente circa un mese, considerando il ritmo di produzione».

Lavorate molto con l’estero, anche se non avete filiali oltre alla sede principali.

«Circa il 40% del nostro fatturato arriva da fuori Italia, soprattutto da Francia, Canada, Usa e Australia. Si tratta di impianti molto tecnici, che seguiamo direttamente dalla sede. Ma io dico che il primo investimento che ci caratterizza è quello che riguarda la qualità dei materiali: i nostri sono macchinari di estrema affidabilità, che richiedono di pochissima manutenzione. La nostra filosofia aziendale prevede un collaudo meccanico in azienda prima della loro spedizione. Questo ci dà la possibilità di ridurre i tempi di installazione e garantisce maggiore affidabilità. Non a caso abbiamo diversi brevetti industriali registrati».

Prossimi investimento alle porte?

«Ci concentreremo soprattutto sulla parte informatica. In programma nel 2021 c’è l’introduzione di un’app per gestire telematicamente in tempo reale i nostri impianti in giro per il mondo. Nel nostro settore non è ancora così comune farlo, ma il futuro è questo ed è necessario non farsi trovare impreparati. Già oggi siamo in grado di monitorare i macchinari dei clienti da remoto, ma quello che vogliamo compiere è un passo ulteriore, che faremo grazie a un investimento di circa 50 mila euro. I nostri clienti hanno mostrato di apprezzare molto la possibilità di essere sempre informati sullo stato e sul funzionamento delle macchine, di ricevere allarmi in caso di problemi e criticità e di accedere ad ogni singolo parametro per comprenderne le performance fin nel dettaglio. E noi possiamo gestire i clienti direttamente dall’ufficio e fornire assistenza non solo sui suoi parametri ma sulla programmazione, e sul funzionamento meccanico ed elettrico della macchina in tempo reale, oltre a poter conoscere in dettaglio le prestazioni della linea e l’utilizzo fatto dai clienti».

Ci racconta com’è nata la sua esperienza di imprenditore?

«Mi sono diplomato perito meccanico nel ’68, per poi lavorare alla Facco Spa di Campo San Martino come tecnico commerciale, trasferendomi nel settore delle macchine per la produzione di pasta negli anni ’90. Il resto l’ho raccontato, mi sono messo in proprio nel ’98».

E se ripensa a quegli anni cosa le viene in mente?

«Che avviare un’attività all’epoca era relativamente semplice, oggi sarebbe tutto molto più difficile, banalmente perché servono tanti più certificati e competenze per districarsi nella burocrazia. Lo vedo ogni giorno, perché la burocrazia è un mostro che si evolve e che richiede pazienza e inventiva per essere affrontato. La parte del nostro personale che si rapporta con i clienti, giustamente, deve sempre essere al corrente delle nuove normative, anche perché i clienti stessi negli anni sono diventati più esigenti nel richiedere informazioni e certificati e bisogna sempre arrivare preparati agli incontri con loro. Ma questo richiede tempo ed energie. E tanti passaggi potrebbero essere facilmente semplificati, come credo che ogni imprenditore ormai sappia bene».

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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