Diventa Socio
Iscriviti alla Newsletter
Iscriviti alla Newsletter
Ritorna a Confapi Padova

REFOSCO: «IL WELFARE? UN LAVORATORE CONTENTO È UN LAVORATORE PIÙ PRODUTTIVO»

Refosco-CISL.jpg

Tavola rotonda “Produttività e lavoro” al Master Confapi - Federmanager. Refosco (Segretario CISL Veneto): «Il valore non si crea nella produzione, ma prima e dopo. Il sindacato? Oggi non ha più soltanto un atteggiamento rivendicativo».

L’Istat ha lanciato l’allarme: Italia fanalino di coda UE per produttività del lavoro. Tenuto conto di come al concetto di “produttività” sia legata la vita e la sopravvivenza stessa dell’azienda, la domanda non va sottovalutata. In Italia, però, le logiche dell’approccio al tema sono per molti versi ancora ancorate alla situazione degli anni ’70. Ma cosa significa “produttività del lavoro”? Come si risale la classifica? Quali sono le leve aziendali determinanti? Quale il ruolo del capitale umano? A queste domande hanno provato a rispondere Carlo Valerio, imprenditore e presidente di Confapi Padova, Gianfranco Refosco, Segretario CISL Veneto, Giancarlo Gambalonga, consulente del lavoro e fondatore dello Studio Gambalonga & Partners, il professor Alessandro Di Paolo, docente di Sostenibilità Aziendale alla Facoltà di Economia dell'Università di Padova e Davide D’Onofrio, direttore di Confapi Padova, fra i relatori della tavola rotonda “Produttività e lavoro nell’industria veneta”, all’interno del Master Confapi - Federmanager in corso di svolgimento a Monteortone. A moderare i lavori Filippo Griggio, C.d.L, responsabile sindacale Confapi Padova.

In apertura dei lavori Refosco (nella foto) ha sottolineato come l’Italia sia reduce da «una stagnazione ventennale della produttività nel lavoro. Il tasso di incremento negli anni ’70 - quelli del boom - era del 6,5%, negli anni ’80 si assestava al 3,2%, nella media europea, negli anni ’90, decennio di decrescita, era al 2,6%, mentre negli anni 2000 la produttività si è sostanzialmente fermata, con le statistiche che parlano di un tasso dello 0,4%. E l’Italia non si è ripresa nemmeno quando il resto dei paesi europei ha ripreso a correre. Ne consegue che il tema dovrebbe essere al centro del dibattito politico, per rilanciare l’economia del Paese». Ma occorre anche dire che il concetto «della produttività oraria è superato, occorre focalizzarci casomai sui costi necessari a produrre. Oggi il valore del prodotto si crea nella fase della pre-produzione, vale a dire nel momento della sua ideazione e del suo sviluppo, e nella post-produzione, e cioè nella sua commercializzazione, distribuzione e vendita, mentre in Italia ci si tende a concentrare esclusivamente sulla produzione».

«Occorre pertanto migliorare l’efficienza del lavoro, nei suoi flussi organizzativi. Sono almeno cinque i punti che le aziende devono considerare, come indicato anche da uno studio dell’Ocse sull’argomento: la formazione professionale; l’autonomia del lavoratore; la partecipazione del lavoratore agli assetti organizzativi aziendali; la flessibilità oraria, e l’inserimento di parti variabili nel salario, legate al raggiungimento degli obiettivi. Tutti aspetti che dovrebbero essere considerati nella fase della contrattazione, che intendo come il luogo in cui si definisce il cambiamento. E’ chiaro che, a questo riguardo, il sindacato non ha più l’atteggiamento meramente rivendicativo che aveva nei confronti del datore di lavoro sino a qualche anno fa».

In tutto questo rivestono necessariamente un peso considerevole le tematiche relative al welfare, e al rapporto fra impresa e lavoratori. «Lo strumento» prosegue Refosco, «che risponde ai bisogni dei lavoratori e consente di incrementare la produttività. Se il lavoratore supera i problemi familiari e vede che l’azienda è al suo fianco è più disponibile a venire incontro alle esigenze dell’impresa».

«In Italia, tuttavia, servirebbe maggior coraggio tra lavoratori e imprese per trovare nuovi sistemi di approccio» ha sottolineato il presidente Valerio. «La logica dei contratti multipli e differenti declinati per singole diverse organizzazioni sindacali non risponde più alle mutate condizioni della società globalizzata. È superata. Le attuali, sempre più trasversali, funzioni del lavoro prescindono completamente dalle logiche dei contratti di settore. Di fatto, oggi i Ccnl non regolano il lavoro in quanto tale, ma si basano su elementi “accessori” come il contesto, il settore, le dimensioni dell’azienda, il territorio in cui è situata. È il momento di rivedere lo Statuto del lavoro, prevedendo tutele generali minime garantite di base, valide per chiunque lavori».

Come ha evidenziato Griggio, «se ci basiamo solo sulle statistiche andiamo fuori strada. Controllo di gestione e attenzione al personale sono i pilastri per far andare bene le aziende. Ragionare soltanto sui costi, sul bilancio, non è premiante. In questo momento ogni imprenditore deve rivedere la responsabilità nella gestione della sua azienda e dei lavoratori». E il ruolo del sindacato? «È utile nel gestire determinate situazioni: è un interlocutore oggettivo. Ma non deve prendere la sua parte quando il lavoratore ha torto».

La formazione, va da sé, riveste un ruolo fondamentale. Ed è proprio per questo che Confapi sta investendo molto sotto a questo aspetto, per accrescere il dipendente e l’impresa, perché, come ha ricordato D’Onofrio, «la società si evolve rapidamente, occorre avere gli strumenti per aiutare gli imprenditori a comprendere e anticipare i cambiamenti».

Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova
stampa@confapi.padova.it

Condividi su
Stampa Stampa REFOSCO: «IL WELFARE? UN LAVORATORE CONTENTO È UN LAVORATORE PIÙ PRODUTTIVO»

RESTA AGGIORNATO,

Iscriviti alla newsletter