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«ACCORDI DI LIBERO SCAMBIO E DAZI, LA POLITICA CAMBIA IL MERCATO. CARI IMPRENDITORI VI SPIEGO LE DIRETTRICI DA SEGUIRE»

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Russiagate, Brexit, Via della seta e non solo al centro dell’incontro fra il senatore Urso, vicepresidente del Copasir, e gli imprenditori di S.Pa.D.A. Confapi: «La conoscenza degli scenari è il motore dell’impresa»

Una testimonianza preziosa per interpretare i nostri giorni. Il senatore Adolfo Urso, giornalista, imprenditore, politico, ma soprattutto vicepresidente del Copasir - il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, l’organo del Parlamento che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani - sabato 26 ottobre è stato l’ospite d’eccezione di S.Pa.D.A. Confapi, la business school delle PMI padovane. Al centro dell’incontro, accolto da una sala gremita nel Chiostro di Monteortone, gli scenari internazionali e i temi dello sviluppo economico e della sicurezza nazionale. Partendo da una sua premessa: «La conoscenza è il motore dell’impresa».

LIBERO SCAMBIO. Di fronte agli imprenditori, non si poteva che alzare lo sguardo sui mercati su cui puntare nel prossimo futuro. «L’euro si è “apprezzato” e sta diventando una moneta forte, molto dipenderà dalle direttive del governatore che prenderà il posto di Draghi. Ma occorre partire da una premessa: il mercato oggi è meno stabile rispetto a quando c’erano il comunismo e gli equilibri della Guerra fredda. Lo storico Fukuyama in un suo saggio molto noto immaginava nella fine della storia e l’espansione infinita delle libertà, in realtà i fatti hanno preso una piega diversa da quella da lui prevista. Quello che appare evidente è che la politica cambia il mercato e che, oggi molto più di ieri, l’imprenditore ha più bisogno di informazioni in tempo reale su ciò che accade, prima di puntare su questo o quel mercato. Il futuro passerà probabilmente sempre più dal Sud Est asiatico, che abbina espansione demografica ed economica e può essere l’area in cui investire. I mercati più sicuri rimangono però Stati Uniti e Unione europea. E agli imprenditori dico di considerare quali saranno gli accordi di libero scambio. Ricordo quello che a suo tempo, quando ero Viceministro alle attività produttive con delega al commercio, L’Europa prese con la Corea del Sud. Feci inserire delle clausole per tutelare l’industria automobilistica italiana, perché la Fiat lo temeva molto, ma alla fine l’Italia ebbe solo da guadagnarci. E questo perché un accordo di libero scambio comunque crea un’autostrada privilegiata. L’Europa ne sta firmando col Canada, col Giappone, col Vietnam. Se firmassimo un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti potremmo contare sul più grande sbocco del mondo. Alcuni settori possono rimetterci, certo, ma in genere ci si guadagna. Gli accordi di libero scambio sono una direttrice da seguire».

DAZI. Inevitabile partire da uno dei temi che più stanno a cuore agli imprenditori, i dazi. Quello del senatore Urso è stato un breve ma puntuale excursus storico. «Può sembrare una bestemmia, ma i dazi nei confronti dell’Europa non sono un’invenzione di Trump ma una misura che ha le sue origini dal tribunale della Wto che ha ritenuto danneggiata la Boeing. L’Organizzazione mondiale del commercio ha dato il via libera agli Stati Uniti che hanno potuto imporre dazi su 7,5 miliardi di dollari di import dall’Unione europea, accusata di aver aiutato in modo illegale l'azienda franco-tedesca Airbus nello sviluppo e lancio di alcuni suoi modelli. La vicenda risale al 2004, subito dopo che Airbus si impose come primo produttore per consegne di velivoli nel mondo sulla storica rivale americana. In questo senso l’ennesima volta l’Italia paga una decisione dell’Unione Europea che ha voluto agevolare Francia e Germania».

DUMPING CINESE. «La più grande misura daziaria nella storia dell’Europa, per numero di aziende coinvolte, è stata imposta su richiesta dell’Italia, contro le calzature cinesi: era il 2004, e l’iniziativa fu presa dal sottoscritto, all’epoca appunto Viceministro alle attività produttive con delega al commercio estero. Le calzature arrivano in dumping dalla Cina e dal Vietnam, mettendo in seria crisi l’industria europea e soprattutto italiana. Riscontrammo finanziamenti agevolati, esenzioni fiscali, rendite fondiarie estranee alle leggi di mercato». Non sempre i dazi sono nemici del commercio. «Attenzione: nel mirino c’era comportamenti anticoncorrenziali che sono l’esatto contrario degli scambi liberi».

I RISCHI SULLA VIA DELLA SETA. Da qui è stato inevitabile spostarsi sulla nuova Via della seta e il rischio, paventato da alcuni, di una colonizzazione metaforica, ma non solo metaforica. «Dietro l’apparenza di un semplice scontro commerciale, le tensioni tra Usa e Cina sul 5G celano un crescente conflitto globale fra due civiltà e due modi di intendere la persona, l’impresa e lo Stato: quella occidentale, che pone al centro il cittadino e i diritti dell’individuo, e quello asiatico, dai tratti autoritari. Per quanto riguarda il 5G, anche qui è fondamentale il controllo, perché dalla rete 5G passano tutti i dati. E chi ha i dati ha in mano la sicurezza nazionale. E a questo proposito bisogna tener conto del fatto che, secondo la legge cinese, istituzioni, cittadini e aziende, anche quelle private, sono tutti obbligati per legge a condividere con i servizi segreti, se richieste, le informazioni considerate di interesse nazionale. Vi immaginate cosa significherebbe l’orecchio cinese dentro l’infrastruttura delle telecomunicazioni italiane?».

ITALIA NAZIONE PONTE, MA… «L’Italia storicamente ha avuto una posizione direi quasi da "nazione ponte" nei confronti dei blocchi contrapposti al nostro. Ma senza mai confondersi su chi fossero gli alleati che condividono i valori della democrazia. Solo che noi non condividiamo gli stessi principi dei cinesi, e i cinesi non condividono i nostri principi di libertà civile ed economica. Quindi qualche preoccupazione sorge. Senza considerare i rischi evidenti dal punto di vista della competitività delle nostre imprese, dal punto di vista dell’elusione fiscale, e anche dal punto di vista della sicurezza perché diventerebbe difficile controllare che i prodotti venduti dal distributore cinese abbiano standard qualitativi e sanitari di tipo occidentale».

BREXIT. Ci si è poi spostati in Europa. «L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue è un vulnus per l’Italia anche per la funzione di bilanciamento del peso politico dell’Unione Europea. Certo la Germania è il nostro principale partner commerciale, e noi abbiamo il dovere di collaborare con lei, ma allo stesso tempo non possiamo essere succubi. Vale ancora di più oggi, con la fine dell’incarico di Draghi alla Bce».

RUSSIAGATE E NON SOLO. L’argomento è all’ordine del giorno, specie dopo la recente audizione del Presidente del Consiglio Conte al Copasir sul tema. Una questione delicatissima, su cui comunque il senatore Urso ha potuto spiegare: «È noto a tutti che la tecnologia consente campagne di questo tipo da parte di diversi attori, anche statuali, e sappiamo che in passato ci sono state attività di spionaggio perfino tra alleati, e un Paese molto vicino al nostro. Una campagna di ascolto e informazione o disinformazione è uno degli strumenti più diffusi. Occorre rendere edotti i cittadini, avviare campagne di controllo e di protezione». Il tema non riguarda solo le influenze russe. «I nostri servizi segreti hanno spiegato che ci sono entità statali, diciamo altri servizi di intelligence, che agiscono nel nostro paese per indirizzare la nomina di certi manager in aziende italiane, manager considerati amichevoli e ben disposti all’apertura nei confronti dei capitali provenienti da questi paesi. Come pure sappiamo bene che ci sono servizi di intelligence che segnalano quali nostre aziende possiedono i migliori brevetti tecnologici, favorendo così l’acquisizione di queste aziende da parte di compagnie controllate da stati stranieri. Ne consegue che lo Stato può fare molto per tutelare l’impresa italiana».

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

 

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